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al testo proposto da Giovanni Baldaccini
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VIII Quando fu che le particelle diventarono L'uomo intero, e i caratteri e le credenze divennero Carattere e credenza e le differenze presero Differenza e fu tutt'uno? Dovette essere Alla presenza di una solitudine dell'io, Un'espansione e l'astrazione di un'espansione, Una zona del tempo senza il ticchettio dell'orologio. Un colore che si mosse grazie all'oblio. Quando fu che udimmo la voce dell'unione?
Fu forse quando, seduti nel parco, l'arcaica forma Di una donna con una nuvola in spalla Si levò contro gli alberi e poi contro il cielo E il senso dell'arcaico ci toccò d'un tratto In un movimento nei tratti della somiglianza? Alla vista ci somigliavamo. Il colore smemorato dell'autunno Era pieno di tali forme arcaiche, giganti Del senso, evocanti la stessa cosa in molti uomini, Evocanti uno spazio arcaico, dileguantisi Nello spazio, lasciando solo il contorno della sagoma Di quell'essere impersonale, il viandante, Il padre, l'antenato, il signore barbuto, La somma delle ombre umane lucide come vetro.
Wallace Stevens, “Cose d'agosto” da Aurore d'autunno. |
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